martedì 14 agosto 2007

senza Zucchero, grazie

Tra i misteri d'Italia, uno dei più incomprensibili è il successo di Zucchero. Inizia la carriera scimmiottando, anche nelle movenze, un personaggio già obsoleto da decenni, Joe Cocker. Riesce poi misteriosamente a diventare, nella considerazione di molti, il depositario dello spirito del blues in Italia. Ma soprattutto, basa spesso il suo successo sulla "libera reinterpretazione" di brani altrui. Ad esempio, il pezzo che sta girando ora in Italia (mi pare si chiami "Un kilo") è copiato spudoratamente da "Seed 2.0" dei Roots, cosa che non dovrebbe sfuggire a chi lo ascolta dato che il pezzo era piuttosto in voga nell'estate del 2003. Eppure nessuno che lo faccia notare, dai deejay alla stampa. Qualche anno fa, a Striscia la notizia, si erano occupati della cosa facendo ascoltare a Zucchero una registrazione di un brano da cui lui apparentemente aveva "attinto" (ricordo anche che Skin degli Skunk Anansie riconobbe facilmente nell'attacco di un pezzo di Sugar un suo brano). Il povero Staffelli allora ricevette una serie di insulti di sapore mafioso (tipo: "io non ti faccio più lavorare"), oltre che espressioni garbate tipo: "mettiamo che tua moglie si in*$li un negro...", il che peraltro la dice lunga, oltre che sullo spessore umano dell'artista, sulla considerazione del bluesman per le persone di colore che, tra le altre cose, hanno inventato il blues e il jazz, generi che lo dovrebbero ispirare. Anche allora, dopo che diverse migliaia di persone videro tutto ciò in tv, nulla. La fama di Zucchero non ne uscì minimamente scalfita (miracoli della stampa, della potenza delle case discografiche e della nostrana insipienza). Nella foto: Zucchero mentre interpreta la vera anima del blues al Cala di Volpe a Porto Cervo (prezzo della serata: 1000 Euro).

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