lunedì 25 giugno 2007

istigazioni

Scena: interrogazione dopo avere fatto uno scritto da circa 20/30.

domanda: monopolio e concorrenza
risposta: per iniziare, grafico sbagliato del monopolio; per proseguire, concetti confusi sulla concorrenza (il che ispira la domanda successiva su un concetto elementare)
domanda: qual'è la condizione per la massimizzazione del profitto
avvertimento: se non risponde a questa domanda l'esame non lo passa
risposta: blah blah blah...ma non che ricavo marginale (o prezzo) = costo marginale
primo tentativo di bocciatura
reazione: ma professore è l'ultima materia-ho la tesi pronta-lei non mi può bocciare-ecc.
altra domanda: l'elasticità della domanda
risposta: formule a memoria, unico ragionamento: sbagliato
domanda: la rapresentazione grafica del modello Keynesiano
risposta: nulla
conferma della bocciatura
reazione: ma lei..., ma io..., non sono mai stata bocciata, .... , lei mi sta istigando a lasciare questa facoltà...

fate voi.

sabato 16 giugno 2007

w la famiglia!

Oggi, 16 giugno 2007, un difensore della famiglia tradizionale ha annunciato il divorzio.

Un VERO difensore della famiglia tradizionale ha invece confermato il suo impegno a favore dell'istituzione pilastro della società occidentale sposandosi per la terza volta.

sabato 2 giugno 2007

Dal Festival dell'Economia


Breve resoconto di quello che ho visto al Festival dell'Economia, quest'anno su capitale umano e capitale sociale.
Della presentazione vorrei ricordare la dedica a Riccardo Faini, scomparso da poco, economista serio, merce rara in Italia soprattutto tra coloro che in qualche modo hanno avuto a che fare con le cose di governo.
Partha Dasgupta ha introdotto uno dei due temi principali del festival, il capitale sociale, con molto stile, anche se la sua definizione di capitale sociale è discutibile essendo basata semplicemente sulla presenza di interconnessioni sociali. Perchè si possa avere capitale sociale questa è una condizione necessaria ma non suffiente (ad esempio la mafia si basa pesantemente sulle interconnessioni sociali ma certamente non ha il connotato di "capitale sociale"). Alberto Bisin ha dato qualche elemento affinché si possa discutere di immigrazione con qualche cifra in mano e non solo in base alla emotività o al calcolo politico. Il "terrore" per lo straniero in parte dell'occidente, tra cui l'Italia (ben rappresentato in una slide con la copertina di un libro della Fallaci), non trova solide giustificazioni. Un dato interessante è ad esempio che, in Inghilterra, il considerarsi fortemente musulmano è correlato con l'avere successo economico. Altro dato, forse non particolarmente sorprendente, è che l'integrazione è un processo lungo, che richiede alcune generazioni e in questo senso le politiche dovrebbero essere volte ad accompagnare tale processo, e certo né a forzarlo e tantomeno a bloccarlo. Essenzialmente, l'Italia sconta il fatto che l'immigrazione è ancora un fatto nuovo (noi abbiamo al massimo la seconda generazione di immigrati, metre in paesi come gli USA e Gran Bretagna siamo alla terza o quarta). In Italia poi vi è una politica sull'immigrazione quantomeno schizofrenica che non aiuta, in particolare quando tenta di seguire gli "umori" della gente. Il governo Berlusconi-Borghezio, ad esempio, ha fatto la seguente cosa: ha stabilito i criteri per avere il permesso di soggiorno per ricevere il quale si sono presentati 400.000 immigrati (rimasti ordinatamente in fila anche di notte davanti agli uffici postali, pur essendo trattati come bestiame), e poi ha rilasciato 160.000 permessi, creando con un tratto di penna 240.000 clandestini. L'essere clandestino chiaramente aumenta la probabilità di delinquere per la persona o per i suoi familiari, e quindi per questa via si aumenta la propensione a delinquere degli immigrati per legge! Salvo poi inventarsi propensioni al crimine legate alla etnia...
Attendevo poi con una certa trepidazione il confronto tra Fabio Mussi e Roberto Perotti. Perotti tra gli economisti è noto per le sue analisi del sistema universitario italiano che ne mettono in evidenza in maniera impietosa lo stato di arretratezza rispetto ad altri sistemi, sia europei che extra-europei. La sua ricetta è piuttosto semplice: privatizzare, o lasciare in vigore un sistema di finanziamento essenzialmente pubblico ma con un aumento drastico del grado di decentralizzazione (università libere di assumere chi vogliono, di pagare quanto vogliono, di offrire il tipo di titolo che vogliono, di fissare le rette che vogliono, ecc. Il tutto in un chiaro quadro di premi e sanzioni tali da scoraggiare l'assunzione di somari, parenti, amici, ecc.). Devo dire che Mussi, anche per le sue doti di politico, ha tenuto testa piuttosto bene cercando di fatto di mostrare che, con le riforme che sta proponendo, buona parte delle proposte di Perotti sono in effetti accolte, il tutto nei vincoli e nei margini che si trova di fronte. L'impressione è che parte di quello che sta facendo Mussi sia discutibile (ad esempio rimane un'incognita quello che la nuova agenzia per la valutazione della ricerca riuscirà effettivamente a fare), ma allo stesso tempo siamo anni luce dai suoi predecessori (Moratti in primis), e certamente ci si sta muovendo nella direzione giusta. Uno dei problemi sarà la reazione dell'establishment al forte cambiamento nelle regole del reclutamento, per ora previsto solo per i ricercatori, ma i cui principi dovranno poi essere estesi agli associati e agli ordinari. Luigi Guiso ha invece parlato di capitale sociale spostando il discorso essenzialmente sull'Italia. In base a vari indicatori, il capitale sociale nel meridione è più basso che nel centro-nord: ad esempio nel meridione la percentuale di persone che si fidano del prossimo è molto più bassa che nel centro-nord (ma in Italia è in media più bassa che nei paesi scandinavi ad esempio). Questo viene considerata una parte importante della spiegazione dei divari nord-sud. La cosa interessante è che l'ipotesi di Putnam, in base alla quale questo può apparentemente essere ricondotto alla struttura istituzionale dell'Italia intorno al 1100 (!), sembra potere essere confermata. In quel periodo storico il centro-nord vide la nascita dei comuni, mentre nel sud si instaurò una dominazione "dall'alto". Nel primo caso il processo stimolò lo sviluppo di relazioni "orizzontali" tra gli individui e i gruppi, che portarono all'indipendenza dei comuni, e che prevedevano lo sviluppo ad esempio della fiducia reciproca. Al contrario, nel sud si instaurarono rapporti di tipo "verticale", dal dominatore ai dominati, che non sortirono l'effetto citato. La domanda è come sia possibile che ciò che è accaduto centinaia di anni fa possa avere effetti persistenti fino ad oggi. Personalmente non trovo la cosa del tutto assurda, essendo possibile che i tratti culturali e comportamentali sviluppati allora si siano tramandati di generazione in generazione (il capitale sociale è estremamente persistente). Philippe Aghion ha presentato un'idea secondo la quale, se un paese è lontano dalla "frontiera tecnologica", come può essere stata l'Europa nei decenni passati, allora le politiche economiche possono essere di un certo tipo (ad esempio ci si può permettere rigidità nel mercato del lavoro), essendo l'attività innovativa essenzialmente basata sull'imitazione. Viceversa, se un paese è prossimo alla frontiera, l'attivitàò innovativa si dovrebbe basara sull'innovazione in senso proprio, e allora si dovrebbe introdurre maggiore flessibilità, maggiore libertà di entrata nei mercati, maggiore apertura al commercio, ecc. In essenza, la politica economica non dovrebbe basarsi sulla dicotomia "più stato/meno stato", ma su "che tipo" di stato. Non sono convintissimo di modelli del genere, che pretendono di spiegare troppe cose contemporaneamente e arrivano a prescrizioni di politica economica mastodontiche. Ma mi ha fatto piacere sentire un economista di Harvard definire "spazzatura" la ricetta di politica economica basata sul "meno tasse!", essenziale elemento delle ricette della destra nostrana e del nord-est.
Pier Luigi Bersani ha direi fatto un figurone per almeno due motivi. Da un lato ha rivendicato i primi risultati delle sue riforme (1200 nuove farmacie, più di 2000 nuove panetterie, ecc.). Tanto? Poco? Come nel caso di Mussi certamente anni luce rispetto ai predecessori (soprattutto i "liberisti"). Inoltre, in un discorso più generale ha rivendicato quello che sta facendo come discorso culturale, in cui se la politica deve cambiare anche la società deve darsi una mossa. Per Bersani quello che serve perché il paese si muova è "fiducia e senso civico": per quanto mi riguarda uno che la pensa così ha ben chiare quali siano le priorità (bravo!).
Padre Fabrizio Valletti e Suor Carolina Iavazzo hanno raccontato le loro esperienze di educatori a Scampia, a Brancaccio e nella locride. La cosa per me sorprendente è stata la seguente: quando vedo ad esempio i bimbi della Vucciria (molto simili a quelli di Brancaccio descritti da Suor Carolina) mi pongo spesso la domanda di come potrei convincerli a scegliere una alternativa di vita, oppure ad andare a scuola, e mi immagino che la cosa sia molto difficile. Invece i due relatori hanno mostrato nei loro racconti che per fare cambiare strada a questi bambini bastano delle cose molto semplici, come andare fuori dal loro quartiere (a Scampia ci sono bambini che non sono mai stati al mare! o in Piazza Plebiscito), o essere messi a giocare con una palla in un luogo che non sia la strada (come era la parrocchia di Padre Puglisi). Questo può solo fare aumentare la rabbia pensando a quello che le istituzioni potrebbero fare (cose semplici!) e che invece non fanno. La latitanza delle istituzioni (sindaci, presidenti di regioni, forze dell'ordine) nelle situazioni che i relatori affrontano o hanno affronatato, è stata confermata da entrambi, in particolare da Suor Carolina. Padre Puglisi era stato lasciato solo, anche di fronte alle minacce e, sue parole, ad esempio nella locride ai posti di blocco viene fermata la vecchina con l'utilitaria e non il mafioso col macchinone (mi sorprende un po' in questo caso che non ci si ricordi delle vittime).
Questo è quello che ho visto del festival. Nel complesso, il festival ha centrato quelli che sono due aspetti fondamentali dello sviluppo economico e due grossi problemi per l'Italia, l'istruzione (sia nelle scuole che nelle imprese), e la mancanza di fiducia reciproca. D'altro canto siamo il paese del "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio"..