sabato 28 giugno 2008

avvocati

Su Repubblica di oggi, c'è un articolo in cui si parla della volontà da parte dell'ordine degli avvocati di cancellare dall'albo 35.000 iscritti che, in apparenza, non svolgerebbero effettivamente la professione. C'è una tabellina che correda l'articolo che riporta, per un piccolo campione di paesi europei, i il numero di avvocati per 10.000 abitanti. Balzano all'occhio due cose: l'Italia ha il maggior numero di avvocati in Europa, all'aumentare del livello di sviluppo il numero di avvocati diminuisce. Nella figura riporto una semplice regressione tra il dato riportato da Repubblica e il GDP pro capite del 2007 (Eurostat, valore rispetto alla media UE-27 fissato a 100), escludendo l'Irlanda che è un outlier. La relazione è negativa in modo evidente. Il che può portare ad alcune considerazioni, anche alla luce di quello che sta succedendo in Italia in questo momento dove a tenere banco sono gli avvocati: Alfano, che fa il ministro della Giustizia, e i vari legali di Berlusconi, che trasformano le loro posizioni in ambito processuale in leggi dello stato.

Innanzitutto la relazione va interpretata come correlazione, ma rimane il fatto che, almeno per me, non è così ovvio che dove ci sono molti avvocati il paese debba essere anche poco sviluppato. Secondo me questo è un chiaro sintomo di come gli incentivi in Italia non sono allineati in modo da condurre alla crescita economica. Per farla breve, il fatto di avere tanti avvocati implica che abbiamo meno ingegneri, informatici, matematici, di quanti ne avremmo potuto avere. La professione dell'avvocato essenzialmente opera in senso redistributivo rispetto alle risorse esistenti, drenandole risorse verso la propria categoria o verso quelle per cui prestano servizi, piuttosto che contribuire ad aumentare la dimensione della torta. Al contrario, ingegneri, informatici, matematici, ecc. sono professioni maggiormente associabili al progresso tecnologico, motore della crescita della torta. Ciò probabilmente contribuisce a far sì che l'Italia sia ormai in fondo alla UE.

In Italia, dunque, apparentemente gli incentivi a diventare avvocato sono molto forti. Perchè? I motivi non sono forse molto misteriosi (al di là della rilevanza di fattori culturali tipo "avere il figlio avvocato"): i) la professione ha forti barriere all'entrata, a partire dall'esame di stato. I recenti tentativi di introdurre più concorrenza (abolizione delle tariffe minime, possibilità di farsi pubblicità) hanno incontrato resistenze fortissime. Questo rende attraente il settore, per coloro che riescono a entrare. ii) Il sistema legale, attualmente, è pesantemente sbilanciato a favore degli avvocati. La durata abnorme dei processi o la possibilità di ricorrere in Cassazione per un numero elevato di casi, garantisce loro impieghi di lunga durata. iii) il capitale umano, diciamo "tecnico-scientifico" non è ben remunerato; iv) le scuole superiori preparano male, soprattutto nelle materie matematico-scientifiche, il che rende poco attraente intraprendere certi tipi di studi universitari (lo dico da persona che insegna economia a Giurisprudenza e che ha a che fare quotidianamente con casi di fobia da matematica e affini).

Il punto è dunque se ci si possa attendere, in particolare dal governo attuale, una inversione di tendenza. Noi viviamo la situazione paradossale, citata sopra, in cui agli avvocati spetta un ruolo cruciale nelle questioni politiche, dando loro un grande palcoscenico. Questo contribuisce a favorire un circolo vizioso in cui, siccome ci si occupa delle faccende personali del Premier, si tolgono tempo, energie, spazi nei notiziari, alle questioni veramente importanti, come lo stato della ricerca, dell'innovazione, di tutto ciò che veramente servirebbe a risollevare le condizioni del paese. Il fatto che, in aggiunta, la categoria professionale degli avvocati sia tra quelle più rappresentate in Parlamento, sia a destra che a sinistra, rende la cosa ancor meno probabile.

giovedì 5 giugno 2008

Fuori gli italiani dall'Italia!


"Marocchina stuprata a Milano. Arrestato un trentenne italiano" (Repubblica)
"San Raffaele, arrestati due medici per truffa" (Corriere)
"La criminalità organizzata è responsabile di molti traffici compreso quello dei rifiuti tossici - afferma il capo dello Stato - e questi rifiuti insalubri in gran parte sono arrivati dal nord" (Repubblica)

"Basta! Non se ne può più! Sono dappertutto! Non siamo più sicuri!" Queste le frasi ricorrenti in Italia. Il paese si è improvvisamente scoperto vittima di una invasione, avvenuta in modo strisciante attraverso i secoli. C'è pieno di italiani! Un popolo barbaro, superstizioso, refrattario al cambiamento e al progresso tecnologico (meno della metà degli italiani sa usare internet). Un popolo che, ad esempio annovera tra i suoi modi di dire: "fidarsi è bene. Non fidarsi è meglio" oppure "mogli e buoi dei paesi tuoi", che ben sintetizzano il comune sentire. Un popolo che, malgrado le nefandezze di cui è capace, vedi i titoli di giornale sopra, va orgoglioso della propria cultura, che nei discorsi sull'economia del paese viene a volte indicata come "italianità". Ad ogni modo, il nuovo governo ha subito preso provvedimenti, e presto si troveranno le risorse per costruire le carceri pronte ad accogliere 50 milioni di persone.